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Scritto nel 1910 testimonia la speculazione boschiva che interessò la Sardegna dell’interno, a cavallo tra l’800 e il 900. I personaggi di questo atipico romanzo della Deledda, mentre esprimono valutazioni, denunciano la cattiva coscienza di chi assisteva a quello scempio ambientale, e danno anche voce alle ragioni attraverso le quali, come sempre accade nei periodi in cui è possibile fare bottino di una qualche irripetibile risorsa naturale, si cercano alibi e giustificazioni al proprio operare. Tra queste pagine, non solo una tesi ecologista, anche e soprattutto, come sempre accade nella Deledda, l’intreccio e lo scontro tra la forza avversa del destino e la volontà dei singoli.
Volume n. 134