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Il De profundis è un romanzo-saggio di Salvatore Satta concepito negli anni conclusivi della Seconda Guerra Mondiale, quando da poco è trascorso l’8 di settembre 1943, giorno della resa del paese agli anglo-americani epigrafato dall’autore come «la morte della patria» che porterà alla fuga del re e di Badoglio, ai fiumi di sangue versati dai patrioti di Cefalonia e delle famigerate “quattro giornate” napoletane. Questo è l’humus, la tragedia della guerra, l’umiliazione che spinge Satta ad intonare il canto funebre De profundis clamavi ad te, Domine per la morte di tutte le cose, in uno straziante cordoglio che va aldilà della comprensione e della pietà dei suoi compratrioti per un defunto passato ed un defunto regime a cui essi, per primi, avevano aderito. Come i classici “veri” il De profundis non nasce grande ma lo diventa, e ancora questa volta il nome del giurista-scrittore si è affiancato, con la discrezione e la pregnanza che gli erano consone e che oggi mancano, alle più alte riflessioni sul concetto di Patria e, in generale, sul senso della Patria italiana nella storia, nella “sua” storia. Un monito a non dimenticare…