Con questa importante mostra antologica curata da Maria Luisa Frongia, il Comune di Sassari, Assessorato alla Cultura, intende colmare il vuoto di studi e presenze, verificatosi intorno alla figura di uno dei massimi pittori sardi del XX secolo, certamente il più internazionale per originalità e forza innovativa: Pietro Antonio Manca (Sorso 1892 – Sassari 1975). Il suo linguaggio espressivo, autonomo e rivoluzionario rispetto alla tradizione, basa la prassi pittorica sulla successione “colore, forma, disegno”, sostituendo l’accademico “disegno-forma-colore”, una sorta di capovolgimento di portata copernicana, il cui merito egli attribuiva agli impressionisti. Pietro Antonio Manca ha elaborato in diversi momenti il problema della teoria estetica dell’arte fino a giungere a una sua formulazione sistematica, pubblicata solo nel 1955 col titolo Concezione immaginativa della pittura italiana in Sardegna, in appendice a una presentazione della sua opera fatta da Cipriano Efisio Oppo dal titolo Il pittore Pietro Antonio Manca. Partendo dalla contrapposizione teorizzata da Arthur Schopenhauer fra un mondo fatto di verità e certezze, e un altro nutrito di relatività e illusione, egli affronta il problema del colore, per lui a fondamento della concezione estetica e, quindi, dell’opera pittorica. Egli accosta il concetto di “luce”, mutuato da Wolfang von Goethe, a quello di “intuizione”, e li precisa, proponendo l’esempio della percezione che offre una pianta: il suo colore, lasciato libero di ondeggiare nell’aria, offrirebbe una “morta forma di colore?”, ma questa forma “vivificata dallo spirito”, diventa una “luce colorata liberamente ondeggiante e rutilante nei più variati modi, internamente vivificata”. Alla teoria di Isaac Newton, il quale riteneva i sette colori che noi identifichiamo come autonomi, parte della luce percepita, egli preferisce quella di Goethe, secondo il quale i colori non hanno un’autonoma esistenza, ma sono frutto dell’incontro fra luce e oscurità: si giunge alla comprensione vera, attraverso l’intuizione, un termine che Manca userà spesso, dopo averne inteso pienamente il valore attraverso l’opera dell’austriaco Rudolf Steiner, fondatore dell’Antroposofia che tanti seguaci ebbe in Europa, a partire dai primi decenni del XX secolo; corrente che, ponendo al centro della sua concezione l’uomo e la forza del suo pensiero, costituisce un punto fisso nei contenuti dell’opera di Manca. L’artista ne viene a conoscenza attraverso il poeta Arturo Onofri, che sistemò il complesso delle sue speculazioni, l’antropomorfismo, in un’opera pubblicata nel 1925, Nuovo Rinascimento come Arte dell’Io, che Manca teneva nella sua biblioteca, annotando in copertina: “leggere con calma”, assieme all’edizione italiana del 1924 de La scienza occulta nelle sue linee generali di Steiner, ricca di numerose sottolineature. La mostra ripropone in 7 sezioni, ordinate in senso cronologico, le tappe fondamentali di Manca. L’ARTISTA INDAGA DENTRO DI SÉ. GLI AUTORITRATTI I RITRATTI IL MONDO DEL SACRO GIOVANNI MARIA ANGIOY TRA STORIA E LEGGENDA IL MONDO VIVO E VIBRANTE DELLE NATURE MORTE DAL PAESE AL MARE. LE SPIAGGE LA SARDEGNA DI PIETRO ANTONIO MANCA Le opere esposte, in massima parte realizzate nella tecnica a olio, ripercorrono “per capolavori” la ricerca di Manca, qui presentata attraverso numerosi inediti e con dipinti di grandi e grandissime dimensioni (2 x 4 metri). Tra i prestatori pubblici, oltre al Comune e la Provincia di Sassari, Il MAN di Nuoro, la Galleria Comunale d’Arte e la Collezione Piloni dell’Università, entrambe di Cagliari. Anche Manca ha descritto il mondo pastorale sardo con una sensibilità forte e partecipe, alimentata da lunghe osservazioni se non da consuetudini di vita con amici e congiunti; sempre, però, vivificata dalla sua pittura “immaginativa” che traduce, come lui stesso scrive, in “visioni e impressioni di colore” anche “motivi e forme del folclore tradizionale”. Uomini e donne di Sardegna, dei quali non si riconoscono i volti, sono costantemente descritti da un colore privo di vincoli iconografici e, tantomeno, i costumi dei quali, come in tutta la pittura di Manca è impossibile “contare i bottoni di filigrana ? seguire i ricami ? o il pieghettato delle gonne ? sono toni, vampate di colore ? festosità di scrittura” (Cipriano Efisio Oppo, 1955).
Pietro Antonio Manca
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