HANS NAMUTH (Essen 1915-1990) fu un fotografo tedesco che si specializzò in ritratti di artisti fra i quali Jackson Pollock, le cui immagini l’hanno reso famoso in tutto il mondo. Da giovane si avvicinò all’espressionismo tedesco e all’impressionismo francese. Nel 1933 si trasferì a Parigi dove frequentò molti espatriati tedeschi fra cui G. Reisner col quale fotografò le Olimpiadi del 1936 e la Guerra Spagnola a Barcellona. Nel 1940 riuscì a scappare da Marsiglia verso gli Stati Uniti con l’aiuto del giornalista Varian Fry e del Comitato della Salvezza. A New York tentò di unirsi al Dipartimento dei Servizi Strategici, ma non gli riuscì perché nel 1943 fu spedito al fronte durante la Seconda Guerra Mondiale dove fu assegnato all’Intelligence americana come interprete e intervistatore in Francia, Inghilterra e Cecoslovacchia. Rientrò in Germania nel ’45 per cercare criminali di guerra dichiarò che finalmente era riuscito a “rompere il cordone ombelicale”col proprio paese e non mise più piede in Germania sino al 1970. Alla fine della guerra rientrò a New York dove fu insignito della Croce di Guerra e la Purple Heart e riprese lo studio della fotografia, trasformando la cucina in una camera oscura e lavorando per Harper’s bazaar.
CARLO BAVAGNOLI (Piacenza 1932) dopo la maturità classica si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza a Milano e a Brera entrò in contatto con diversi giovani fotografi fra cui A. Castaldi, M. Dondero e U. Mulas. A partire dal 1955 collaborò con le riviste Illustazione italiana, Tempo illustrato e Cinema nuovo. L’anno seguente fu assunto come fotografo da Epoca e si trasferì a Roma dove seguì tra gli altri un lavoro documentario sul quartiere di Trastevere le cui foto furono pubblicate su Life. Nel 1958 arrivò in Sardegna, ad Orani, in occasione della decorazione della facciata della chiesa della Madonna d’Itria e della mostra di Nivola allestita per le vie del paese. Nel 1959 Life gli affidò un reportage sulla vita della metropoli e nel 1961 il posto di corrispondente dall’Italia. Negli stessi anni lavorò a Irgoli e Loculi per un servizio dell’Espresso sulla povertà in Italia. Nel 1964 venne assunto nella redazione americana di Life e dopo un anno a New York fu trasferito a Parigi fino al 1972, anno in cui i suoi rientri in Italia si fanno più frequenti e inizia una serie di pubblicazioni di libri fotografici e documentari per la televisione.
FRANCESCO GONIN (Torino 1808-Giaveno 1889) si formò all’Accademia di Torino prima con Pécheux poi con Biscarra. Fu tra i primi a sperimentare la litografia nel Regno di Sardegna e lavorò prevalentemente tra il 1822 e il 1843. Tra le opere giovanili più importanti si ricordano i ritratti dei regnanti Carlo Felice e Maria Cristina, le litografie per i Regolamenti della Reale Accademia di belle arti, le illustrazioni per l’Histoire de la maison de Savoie di Frézet e quelle per il Viaggio romantico-pittorico nelle provincie occidentali dell’antica e moderna Italia. Realizzò anche dipinti e affreschi la maggior parte dei quali si trovano in dimore e chiese di Torino. Come illustratore Gonin è noto per aver illustrato I promessi sposi di A. Manzoni, nell’editio princeps, pubblicata nel 1840 e ora visibile al Civico museo manzoniano, e l’edizione di Poesie scelte di C. Porta e T. Grossi. Agli anni ’50 risale invece l’opera Morte del duca di Savoia Carlo Emmanuele II e numerose commissioni da parte di famiglie nobili specie piemontesi, tra cui i Savoia. Gli ultimi anni della sua produzione furono caratterizzati da dipinti raffiguranti per lo più soggetti mitologici e allegorici e nature morte. Risale al 1880 una delle sue ultime opere: Storie di Telemaco.
GIUSEPPE GAGGINI (Genova 1791-1867) scultore italiano dell’800, fu tra gli ultimi della sua generazione ad aderire al neoclassicismo. Si formò all’Accademia Ligustica prima con Traverso poi completò gli studi con Pacetti e Monti a Milano. A soli 15 anni, nel 1806 vinse la medaglia d’argento per una copia in gesso di Ercole Farnese e nel 1813 ricevette un premio, organizzato da Canova per giovani scultori e con lo stesso bassorilievo, La morte di Priamo, nel 1814 vinse il concorso governativo di Brera a seguito del quale si trasferì a Roma dove strinse amicizia con lo stesso Canova e B. Thorvaldsen. Nel 1823 ritornò a Roma e dal 1830 insegnò scultura all’Accademia Ligustica. Ricevette poi l’invito a recarsi in Piemonte dove Carlo Alberto gli commissionò alcune opere per i castelli reali di Torino, Racconigi e Pollenzo. L’Accademia Albertina di Torino nel 1836 lo nominò regio scultore e professore nella stessa, carica che tenne per circa un ventennio, finchè non fece ritorno a Genova, nel 1856. Nella sua città natale fu attivo fino alla sua morte, avvenuta nel 1867.
ALDO CONTINI (Sassari 1924-2009) a Sassari, sua città natale studia dapprima ingegneria, poi si dedica completamente all’arte. Esordisce come scultore figurativo dal forte realismo sociale ed è vicino agli intellettuali raccolti attorno a Pigliaru ed alla rivista Ichnusa, con la quale collabora. Al 1956 risale la sua prima esposizione, la IV Mostra regionale delle Arti figurative di Nuoro e una personale a Sassari. Tra il 1959 e il 1962 si dedica al design per l’artigianato nell’ambito dell’I.S.O.L.A. Alla morte di Tavalora, abbandona il settore e aderisce al Gruppo A, facente riferimento a Manca, e insegna all’Istituto d’arte di Sassari. Nel 1976 fonda il Gruppo della Rosa, improntato su un concettualismo soft e influenza pop. Tra il 1983 e il 1986 coordina il Dipartimento di Progettazione artigianato dell’Istituto Europeo di Design di Cagliari. Verso la fine degli anni ’80 si volge verso nuove forme di ricerca e un’astrazione di natura geometrizzante. Tra le sue ultime opere possiamo ricordare le Vetrate (1989) e Magnificat (1994-96) che giocano tra memoria collettiva e personale.
CARLO LEVI (Torino 1902 – Roma 1975) di famiglia di tradizioni progressiste, nel 1924 si laureò in medicina, ma preferì dedicarsi alla politica piuttosto che alla professione di medico, aderendo nel 1922 al gruppo di Piero Gobetti “Rivoluzione Liberale” ed entrando in contatto con Primo Levi e Nello Rosselli. Nel 1928, dopo un soggiorno a Parigi, fondò il Gruppo dei sei, che durò fino al 1931. Nel 1935 fu arrestato per sospetta attività antifascista ed esiliato per tre anni in confino in Lucania. A questa esperienza si deve il capolavoro Cristo si è fermato ad Eboli. Al 1937 risale la sua prima esposizione e tra il 1939 e il 1941 visse in Francia, dove scrisse la raccolta di saggi Paura e libertà. Dopo una seconda prigionia, durata un anno, dal 1947 si trasferì a Roma, dove per tutti gli anni ’50 si dedicò all’attività di scrittore. Tra le sue opere ricordiamo in particolare Tutto il miele è finito che raccoglie le note dei viaggi in Sardegna. Nel 1956 fu eletto Senatore della Repubblica nelle liste del PCI, carica riconfermata nel 1968. Proseguì inoltre la sua attività di pittore, tenendo fino alla sua morte, numerose esposizioni.
ROSANNA ROSSI (Cagliari 1937) si forma presso l’Istituto d’Arte Zileri a Roma e conslusi sgli studi, nel 1958 torna in Sardegna. Le sue prime esperienze artistiche si svolgono all’interno delle attività di Studio 58 e si caratterizzano per una figurazione espressiva alterata da suggestioni materiche. Nel decennio successivo si indirizza invece verso l’astrazione e utilizza il colore per la creazione di segni di matrice informale, con periodici sconfinamenti nell’ambito del ready-made. Il suo stile oscilla sempre tra ordine costruttivo di ascendenza concreta e soluzioni materico-espressive dell’astrazione neo-informale e, di recente, anche l’adozione di materiali poveri, trovati o diversamente utilizzati.
Tra il 1968 e il 1983 è stata docente presso il liceo artistico di Cagliari e negli anni compresi tra il 1984 e il 1990 ha insegnato in vari corsi di specializzazione all’Istituto Europeo di Design. A partire dal 1970 ha iniziato ad occuparsi di installazioni permanenti in spazi pubblici e di una ricerca continua tra i linguaggi tradizionali ma sempre all’interno di una figurazione inusitata.
BARTOLOMEO CASTAGNOLA la biografia di Castagnola è difficile da ricostruire e le poche notizie che si hanno di lui sono relative ad alcuni atti notarili conservati alla’Archivio di Stato di Cagliari. Il suo nome compare in una controversia relativa alla committenza per i dipinti della cappella di S. Barbara nella chiesa degli agostiniani di Cagliari. L’unica opera datata e firmata risulta il grande polittico dipinto per la chiesa di S. Francesco a Oristano. In base a quest’opera si sono ipotizzate altre attribuzioni come il retablo della parrocchiale di Quartucciu, il ritratto di Eleonora d’Arborea a Cagliari presso il rettorato e la resurrezione di Lazzaro della chiesa del Sepolcro. È invece andata perduta ogni traccia della Fuga in Egitto delle collezioni prima De Candia e poi Roich. Il suo stile si inscrive perfettamente all’interno della cultura locale e si caratterizza per l’uso marcato di linee di contorno, rifiuto della terza dimensione e elementi tardo-gotici.
JOAN FIGUERA pittore barcellonese attivo nel XV, si trasferì a Cagliari, nella zona di Castello, e lì rimase fino al 1463. Collaborò con il catalano Rafael Thomas alla grande pala d’altare di San Bernardino utilizzando la tecnica dei colori ad olio. L’influenza di F. da Jaume Huguet è evidente nelle sue opere dove sono frequenti le influenze fiamminghe. A Figuera sono attibuite anche la tavola degli arcangeli e la predella della chiesa di San Lucifero a Cagliari.
ANTONIO MURA (Aritzo 1902- Firenze 1972) dopo il diploma classico si trasferì a Roma dove frequentò l’Accademia delle Belle Arti. Nel 1925 iniziò ad esporre con l’opera La sposa e negli anni ’30 partecipò alle più importanti rassegne regionali e nazionali viaggiando tra Firenze, Milano e Venezia. Tra il 1936 e il 1940 tenne studio a Roma. Alla fine degli anni ’30 partecipò anche a rassegne internazionali, a Varsavia e Chicago e nel 1937 realizzò il famoso Ritratto del cardinale Pacelli per l’Università cattolica di Washington. Mura fu pittore e incisore di indiscussa fama, artista completo, xilografo, si distinse soprattutto per i soggetti di carattere sacro. Per la Basilica di Bonaria di Cagliari realizzò sei pale d’altare. Espose fino agli ultimi anni della sua vita in Italia e all’estero, nel 1961 a Beirut in occasione di una mostra organizzata da U. Apollonio e N. Dessy. Morì a Firenze nel 1972 a seguito di un intervento chirurgico.