POMPEO CALVIA (Sassari 1857 – 1919) poeta, pittore, scrittore e critico d’arte, Calvia fu un uomo schivo e modesto, attento osservatore della società sassarese che trattò spesso nelle sue poesie con sottile ironia. Ebbe una vita piuttosto tranquilla, dedita alla famiglia, amici, arte e al lavoro. Dal 1880 lavorò come disegnatore presso la Compagnia Reale Ferrovie Sarde, fino al 1887 quando fu assunto presso l’Archivio comunale di Sassari. Nel 1885 pubblicò un’ode a Victor Hugo, morto poco tempo prima, sulla rivista di E. Costa “La stella di Sardegna”. In molti lo ricordano al caffè Roma, mentre cantava in “facili versi” i clienti e i passanti, discuteva di arte e letteratura con amici. Proprio in questo contesto nacquero molti versi, raccolti nel 1892 in Nella Terra dei Nuraghes e nel 1912 i suoi componimenti in Sassari Mannu. Collaborò inoltre a diverse manifestazioni culturali, tra cui l’Esposizione d’arte antica e moderna del 1896. Morì a Sassari a 62 anni, nel 1919.
SERGIO ATZENI (Capoterra 1952-Isola di S. Pietro 1995) mostra da giovanissimo spiccate propensioni letterarie che lo portano a cimentarsi con generi diversi, dalle Fiabe Sarde (1978) al racconto folklorico e storico Araj Dimoniu. Antica leggenda sarda (1984), al bellissimo Apologo del Giudice Bandito (1986), che gli darà la notorietà meritata; ma è col trittico romanzesco Il figlio di Bakunìn (1991), Il quinto passo è l’addio (1995) e Passavamo sulla terra leggeri (1996) che egli raggiunge una maturità concettuale e di scrittura che ne rende ancor più dolorosa la scomparsa. Fra le opere postume ricordiamo anche Bellas mariposas (1996) e Raccontar fole (1999).
ANTONIO BRESCIANI (Ala 1798 – Roma 1862) dopo la prima infanzia trascorsa nel paese natio, dal 1814 si trasferì con la famiglia a Verona, tappa fondamentale per i suoi studi. Dopo gli studi di teologia nel 1821 fu ordinato sacerdote. Tra il 1828 e il 1835 fu rettore del convitto di Genova e di Torino, dove tornò a seguito di tre anni trascorsi a Modena, su richiesta di Carlo Alberto. Nel 1843 ricevette la nomina provinciale delle sedici case della Compagnia nel Regno Sardo, fino al 1846. Negli anni successivi, nonostante le polemiche che imperversavano contro i Gesuiti, riuscì a scrivere e pubblicare un lavoro sulla Sardegna, Dei costumi dell’isola di Sardegna comparati cogli antichissimi popoli orientali. Collaborò inoltre anche con la redazione di “Civiltà cattolica”, curando, sotto forme narrative la parte più amena della rivista, per la quale scrisse dei romanzi a puntate. Morì a Roma nel 1862, lasciando diciassette volumi delle sue opere.
SALVATOR RUJU (Sassari 1878 – 1966) dopo gli studi liceali intraprese subito la strada della poesia e si laureò in Giurisprudenza. A 24 anni si trasferì a Roma per studiare Lettere e ebbe modo di frequentare vari intellettuali, tra i quali Grazia Deledda, mantenendo un legame strettissimo con l’isola. Nel 1909 a seguito di una profonda crisi tornò in Sardegna, dove si sposò e cominciò ad insegnare. A questa carriera affiancò anche quella di giornalista, collaborando con numerose riviste e giornali. Nel 1956 pubblicò Agniréddu e Rusina e l’anno successivo Sassari véccia e noba. Nel 1961 vide la luce Ore del mio giardino e nel 1963 Memoria di un figlio. Morì a Sassari nel 1966, dove nel 1980 gli è stata intitolata una piazza con un suo ritratto di Gavino Tilocca.
GASTON VUILLIER (Ginclé 1846 – Gimel 1915) noto paesaggista e bozzettista, trascorse la sua infanzia e giovinezza nei Pirenei. Tra il 1888 e il 1896 intraprese un viaggio verso diverse isole, tra cui la Sardegna, pubblicando delle relazioni di viaggio per la Hachette di Parigi. Collaborò inoltre con riviste di viaggio francesi, raccogliendo relazioni di viaggio di grandi esploratori illustrate, e si occupò di tradurre diversi testi, sempre di natura etnografica, in diverse lingue. Fu grande comparatista, viaggiatore e etnologo appassionato. Dal 1892 si stabilì a Gimel-les-Cascades, dove nel 1912 collaborò a far nacere un parco paesaggistico. Tracce del suo viaggio in Sardegna appaiono nel quotidiano “L’Unione Sarda” nell’aprile del 1891, in termini assai elogiativi. La sua opera principale in francese Le isole dimenticate, uscita nel 1893, ebbe una buona diffusione, e dopo soli tre anni fu tradotta e pubblicata anche in inglese.
GIOVANNI LILLIU (Barumini 1914 – Cagliari 2012) dopo gli studi liceali a Frascati, nel 1938 si laureò in Lettere Classiche con il Prof. Ugo Rellini, approfondendo studi archeologici e paletnologici. A partire dal 1943 insegnò presso l’università di Cagliari e tra il 1944 e il 1955 fu funzionario della Soprintendenza alle Antichità della Sardegna. Dal 1939 effettuò diverse ricerche e scavi che gli permisero di acquisire un’indubbia autorevolezza scientifica a livello internazionale. Dal 1954 vinse la cattedra di Antichità Sarde a Cagliari, dove insegnò, ricoprendo vari ruoli fino al 1984, dirigendo anche alcune riviste di archeologia. Accanto all’attività scientifico-accademica Lilliu svolse anche un’intensa militanza politica e fu sempre impegnato nella difesa dei beni culturali, come presidente di vari istituti, ultimo tra i quali l’Istituto Superiore Regionale Etnografico. Negli ultimi decenni ha continuato a occuparsi della preistoria sarda, e dal 1989 divenne professore emerito della Facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari.
SALVATORE MANNUZZU nato nel 1930 a Pitigliano (Grosseto) da famiglia sarda, è stato magistrato dal 1955 al 1976; poi deputato, eletto come indipendente nelle liste del PCI, per tre legislature. Quindi si è dedicato alla scrittura, dando corpo alla vocazione di sempre: come dimostra Un Dodge a fari spenti, romanzo d’esordio, pubblicato sotto pseudonimo da Rizzoli nel 1962 (e ripubblicato col nome dell’autore, e in nuova veste, dalla Ilisso, nel 2002). Procedura (1988), insignito del premio Viareggio, rivelava Mannuzzu al grande pubblico. Sono seguiti altri cinque romanzi: Un morso di formica (1989); Le ceneri del Montiferro (1994); Il terzo suono (1995); Il catalogo (2000); Alice (2001). Ha pubblicato inoltre una raccolta di racconti, La figlia perduta (1992), e una di poesie, Corpus (1997); ha scritto una storia per bambini Il famoso Natalino (1998) e un saggio di politica del diritto Il fantasma della giustizia (1998). Ha vinto numerosi e importanti premi letterari ed è stato tradotto in diverse lingue.
JOHN WARRE TYNDALE (Londra 1811 – Bournemouth 1897) figlio unico di George Booth Tyndale, procuratore legale (solicitor), fu avviato agli studi nell’austero college di Eton dove conseguì il titolo di Bachelor of Arts (1832); proseguì i corsi universitari nel Christ Church College di Oxford nel quale, nel 1835, si laureò in discipline umanistiche e giuridiche diventando, così, Master of Arts (Maestro d’Arti) e pertanto abilitato ad esercitare la professione forense nei tribunali di ogni grado. Il catalogo della British Library annovera tre opere di J. W. Tyndale: “The Island of Sardinia”, “The Bürger and Brighton Leonora; or Romance versus Railway” e “Adventures and anecdotes of the South Army of the Emperor of Austria during the late Hungarian campaigne, narrated by eyewitnesses”. Fu senza dubbio “L’Isola di Sardegna” ad assicurare al Tendale un posto di grande rilievo nella “letteratura di viaggi” dell’Ottocento europeo.
FRANCO CAGNETTA (Bari 1926 – Roma 1999) cresciuto in una famiglia di medici da generazioni frequenta da giovanissimo gli intellettuali antifascisti. Nel 1946 pubblica per la rivista “Socialismo” e si laurea a 21 anni. Negli anni 1952-53 lavora come capo-redattore delle Edizioni L’Unità dal 1954 crea il Centro Etnologico Italiano, inaugurando le prime ricerche sul campo, i cui primi studi si effettuarono in Sardegna. I risultati delle indagini uscirono nel 1954 con il titolo di “Inchiesta su Orgosolo”, sulla base di questi Vittorio De Seta girò il film “Banditi a Orgosolo” che nel 1961 vinse alla Biennale di Venezia. Dal 1964 si trasferì in Francia dove fu professore di antropologia e contemporaneamente prosegue nella sua attività di scrittore. Tra il 1974 e il 1979 lavorò in collaborazione con lo psichiatra Franco Bassaglia e curò l’esposizione “Nascita della fotografia psichiatrica”. Negli anni ’80 proseguì gli studi sulle immagini collaborando con alcuni dei musei più famosi del mondo. Nel 1999 morì a Roma, lasciando una serie infinita di documenti riguardanti l’uomo e le sue rappresentazioni simboliche.
CARLO LEVI (Torino 1902 – Roma 1975) di famiglia di tradizioni progressiste, nel 1924 si laureò in medicina, ma preferì dedicarsi alla politica piuttosto che alla professione di medico, aderendo nel 1922 al gruppo di Piero Gobetti “Rivoluzione Liberale” ed entrando in contatto con Primo Levi e Nello Rosselli. Nel 1928, dopo un soggiorno a Parigi, fondò il Gruppo dei sei, che durò fino al 1931. Nel 1935 fu arrestato per sospetta attività antifascista ed esiliato per tre anni in confino in Lucania. A questa esperienza si deve il capolavoro Cristo si è fermato ad Eboli. Al 1937 risale la sua prima esposizione e tra il 1939 e il 1941 visse in Francia, dove scrisse la raccolta di saggi Paura e libertà. Dopo una seconda prigionia, durata un anno, dal 1947 si trasferì a Roma, dove per tutti gli anni ’50 si dedicò all’attività di scrittore. Tra le sue opere ricordiamo in particolare Tutto il miele è finito che raccoglie le note dei viaggi in Sardegna. Nel 1956 fu eletto Senatore della Repubblica nelle liste del PCI, carica riconfermata nel 1968. Proseguì inoltre la sua attività di pittore, tenendo fino alla sua morte, numerose esposizioni.